Tutto questo tuttavia, è vero, convive con un peso anch’esso storico, meridionale prima di tutto e poi siciliano, il peso dell’omertà, della noncuranza, della disaffezione alla collettività, del provincialismo, dell’improduttività e dell’indifferenza, accentuatisi forse nell’ultimo decennio. Ma sembra che qualcosa si inizi veramente a scuotere sotto il Vulcano. A ben vedere la storia è fatta di corsi e ricorsi e pare proprio che i catanesi, e la loro rappresentanza giovanile più attiva e propositiva, stiano risvegliando quelle che sono le radici mnemoniche della nostra Terra, riportando alla luce quei tempi di “poesia, amore e saggezza” che storicamente hanno connotato Catania. In fin dei conti sta tutto nel ricordare chi siamo e da dove veniamo, ossia da una Sicilia che serba una fertilità ricca di stimoli prosperosi e speranze di aperture; da una città, Catania, che, come fedelmente ritrae la cantautrice catanese Carmen Consoli, è nata nella e dalla diversità intesa come ricchezza, e dove le cose “possono cambiare, se troviamo semi buoni da piantare”.
E i semi sono qui davanti ai nostri occhi, si chiamano Arte, Cultura e Gioventù, unici veri germogli per svecchiare le tendenze all’immobilismo e all’arretratezza e piantare le radici di un rinnovato futuro, in questo spazio tra fuoco e mare, che attende solo di poter rifiorire scevro da ogni zavorra.
(citazioni da Carmen Consoli, Elettra)